EMIRATI ARABI DEL GOLFO
Goffredo Parise
arteideologia raccolta supplementi
nomade n. 4 dicembre 2010
IL POVERO SIGNOR PEEL
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Il testo di Goffredo Parise per il documentario in due parti sugli Emirati arabi del Golfo, con la regia di Gianni Barcelloni; una coproduzione RAI e Bocca di Leone Cinematografica S. Coop.R.E. realizzata nel 1977, trasmessa dai canali RAI  il 27 febbraio e il 3 marzo 1978.
La voce fuori campo del commento è di Parise stesso. L’autore appare anche nel filmato in parecchie occasioni.
Per quanto ci risulta il testo è inedito ed è una nostra trascrizione fedele della copia RVM dei filmati originali.
Qui di fianco una sequenza del film con la voce fuoricampo di Goffredo Parise e di Peggy Lee che dal televisore in scena canta Is That All There Is?

PARTE PRIMA

[Dubai.Tramonto sul Golfo Persico]

- Questo che vedete e sentite ora, è una specie di diario di viaggio fatto di immagini filmate, di suoni registrati, e di pensieri detti. I luoghi del viaggio sono gli emirati arabi, il Kuwait e il Katar. Paesi che fino a ieri appartenevano alla leggenda, e alle fiabe del mondo arabo, e che oggi, tutto sommato, appartengono ancora alla stessa legenda. Sennonché la legenda era sogno, oggi è realtà.

[Dubai. Deserto, strade asfaltate, grattacieli in costruzione]

Come sempre avviene per luoghi di cui si sa molto ma di cui non si è visto nulla, anche gli Emirati, città e palazzi sorti dal deserto come per un tocco magico, pur non essendo una sorpresa sono comunque una sorpresa. Perché? Cercheremo di vederlo insieme. Possiamo dire subito però che la sorpresa  consiste nei due elementi sempre presenti insieme e sempre contrastanti; il deserto – cioè qualche cosa di inimmaginabile, matematico e solenne – e lo sviluppo edilizio – immaginabile, fisico e meschino. È il caso di dire che qui i grattaceli sorgono dalla sabbia, così come, molti anni prima del petrolio, dalla sabbia sorse e si propagò la religione dell’Islam. Questi due elementi contrastanti hanno dominato il nostro viaggio. E dunque le immagini, i suoni, le parole, insomma lo stile di questo diario, sono il riflesso, al tempo stesso caotico e fantasioso, di uno dei più grandi capricci fatti dalla natura alla storia: la scoperta del petrolio in questa parte del mondo.

[Dubai. Casa dell’emiro, sala della consultazione, l’emiro discute con collaboratori, firma carte. Lascia la casa,sale in auto. Arriva al palazzo del governo, concede intervista al giornalista italiano. Fa da interprete il figlio. Paragona la vita dell’emirato, prima della scoperta del petrolio, a quella odierna che reputa più infelice. Mostra modellini di palazzi ed edifici pubblici in costruzione. Intervista al figlio dell’emiro]

- All’alba siamo entrati nella casa dell’emiro di Dubai. La nebbia, come prodotta dall’immaginazione, ci pareva nascondere le bellezze in tecnicolor di una casa reale e orientale insieme. Ma la sorpresa è stata grande quando ci siamo trovati in una stanza – si sarebbe detto una modesta sala d’aspetto di un ambulatorio – già piena di arabi in attesa. In attesa di chi? Di entrare nel palazzo dell’emiro, ci siamo detti. Ma il palazzo dell’emiro era lì! la sala della consultazione, quella! e l’emiro tra loro! Chi pensa a uno sceicco si rifà automaticamente alla legenda; quella giunta fino a noi attraverso gli infiniti rivoli della divulgazione delle Mille e una Notte. E’ proprio il caso di dire che “la realitè depasse la finction”, la realtà supera l’immaginazione. Ma appunto perché il reale è ricchissimo anziché povero, è l’immaginazione, al contrario dell’uso, povera. In realtà lo stesso rituale delle visite al mattino, proprio come questa, il chiacchierio dei cortigiani, i consiglieri, le guardie armate, tutto doveva svolgersi nello stesso modo secoli addietro, quando al posto di una stanza c’era la tenda, e l’emiro altro non possedeva se non il suo prestigio di capo beduino, i cavalli, i cammelli, i cortigiani, le guardie armate.
L’uomo (l’emiro) è in realtà un beduino dell’ottocento; purissimo, con occhi d’onice e occhi di falco, perfettamente conscio della propria autorità e ricchezza – si tratta di uno degli uomini più ricchi del mondo -  e perfettamente indifferente alla forma ma non alla sostanza del suo rango. Un tempo avrebbe concluso affari di carovane o compravendita di perle, oggi firma, uno dopo l’altro, contratti di molti miliardi di dollari destinati all’edilizia. L’aria che circola in questa specie di consesso patriarcale e governativo, è al tempo stesso vecchia e nuova. Che significa? Vecchia significa colma di intrighi, di timori, di bizzarrie, di estri principeschi, di potenza, di dominio e di arbitrio; insomma molto infida. Nuova significa la stessa cosa, con capitale moltiplicato però di miliardi e miliardi; dunque ancora più infida. Tutto questo ce lo dice non soltanto il volto e gli occhi dell’emiro, attenti come di colui che deve guardarsi alle spalle, ma soprattutto quelli dei cortigiani, che come tutti cortigiani del mondo e della storia, son lì per qualcosa e non per far quattro chiacchiere, e bere una dopo l’altra minuscole tazze di tè. Insomma, come dovunque c’è molto denaro c’è molto pericolo. La costante di questi paesi è, come abbiamo detto, il contrasto e la convivenza tra il vecchio e il nuovo. Il nuovo, anzi: nuovissimo, lampeggiante di cristalli e di alluminio è il palazzo del governo, dove , rivestito della sua tunica di garza nera, - una specie di smoking locale – l’emiro finisce le ore della mattinata, a ricevere ospiti, uomini d’affari e ambasciatori di paesi vicini. A mezzogiorno il turno tocca a noi. La nostra conversazione con lo sceicco di Dubai non è stata semplice. Egli non parla inglese, e il giovane (che vedete qui) al suo fianco, è il figlio. Ci siamo così trovati nella necessità di conversare per interposta persona. Ho chiesto allo sceicco di Dubai di parlarmi del passato; di com’era la vita, per esempio, quarant’anni fa,  prima del petrolio. Ha risposto: La vita in questi paesi era semplice, antica, meno complicata, meno confusa, e più felice. Tuttavia ha voluto mostrarmi i progetti in via di realizzazione. Quelli che, a nostro avviso fanno e faranno la vita di quei beduini sempre più infelice, nonostante tutto. Il nuovo porto di Dubai, con immensi bacini di carenaggio, il nuovo stadio. In una parola: la nuova America. Il giovane principe ci ha accolti nel suo ufficio: ci ha spiegato il funzionamento di alcuni radiotelefoni; ci ha raccontato delle sue cacce nel Bengala, i cui trofei stanno al centro del suo ufficio. Inoltre ha parlato, con efficienza, senza alcuna vanità – dobbiamo dirlo - dei suoi mezzi di locomozione:  un Mirage e un DC9. Come poteva realizzarsi meglio di così, nel nostro secolo, il sogno di una fiaba millenaria.

[Dubai. Oasi abbandonata. Viottoli tra palmizi. Muri di fango]

- Sarà perché non ci sono alberi, perché il deserto è deserto, il mare è deserto, e il cielo è deserto…. città, palazzi, porti, non mostrano un solo albero, se non pochi e sparuti eucalipti alti due metri… quando si incontra l’oasi, l’ombra, il riverbero, le fresche acque dei pozzi appaiono molto simili a un miraggio. Si odono rumori lievi e naturali, come il cinguettio dei molti uccelli, il fischio del merlo, si cammina in perfetta quanto magica solitudine dentro strette corsie limitate dai muri di fango, dove, guardando bene, si vedono gli stampi  della mano dell’uomo che li ha eretti. L’antico mondo arabo; quello che voleva essere e non è più. Quello dove l’immaginazione è pura, suggerita dal deserto, dal mare, dal cielo e le sue grandi stelle, scende e plana verso terra. Come le vestigia del nostro mondo antico - i resti, i rimasugli che incontriamo dappertutto nelle nostre città - l’oasi è, per così dire, il museo degli usi e costumi arabi di un tempo che tale rimase fino a trent’anni fa. L’acqua si trovava solo qui; d’estate immense carovane si trasferivano dalle città costiere all’interno, in direzione dell’oasi, per sopravvivere. Qui si trasferivano i suk, i mercati, la popolazione, le tende, i cammelli, le capre, le tende regali. In sostanza, la vita; perché ognuno sa che senza l’acqua non è possibile la vita. L’oasi oggi è deserta; ma è come se tenesse rinchiuse dentro di sé, tra i suoi palmizi e i muri di fango sbreccati, o quanto resta dei grandi pozzi, il segreto di una vita al tempo stesso antica, gerarchica e collettiva, come avviene, sotto certi aspetti, nei cimiteri particolarmente belli. Belli, forse, proprio per questo: che il corpo non esiste più, ma il suo spirito, cioè la sua storia, aleggia ancora nell’aria.

[ Dubai. Immagini lungo una strada asfaltata che attraversa il deserto. Traffico. Un furgone con sopra un cammello ]
[ Dubai. Autista al volante  della propria macchina, ode il richiamo del muezzin, ferma l’auto, scende, srotola tappeto, si rivolge verso La Mecca  e prega tra il traffico ]

- Un giorno siamo in macchina. Il nostro autista, che come tutti gli arabi in automobile non sa tenere la radio spenta un solo minuto, e si bea di ascoltare interminabili nenie d’amore e di donne dalla pelle di latte, ode, in mezzo a tutti i rumoracci del traffico - non si sa come – la voce del muezzin. È l’ora della preghiera. Seima, dolcemente, sorride, chiede scusa, raccoglie il suo tappetino arrotolato, ed eccolo qua, che prega.

[ Dubai. Moschea. Arrivo dei fedeli che si tolgono le scarpe. Interni del tempio affollato. Preghiere ]

- Abbiamo detto che due elementi ci hanno accompagnato durante il nostro viaggio, e abbiamo detto quali: il deserto e l’edilizia. C’è un terzo elemento, sempre presente anche se invisibile. E che, per così dire, si sovrappone con altrettanta indifferenza, agli altri due: è la religione. Come è noto, in questi paesi non si puó bere un goccio d’alcool di nessun genere; una maledizione per i molti europei che vivono e lavorano qui, specialmente per gli americani e per gli inglesi. La religione lo vieta. Ma non è questo che ci interessa. Quello che ci interessa è, come sempre, il rapporto tra religione e potere. E’ altrettanto noto che la legge, la legge penale e civile di questi paesi coincide con la legge coranica, e che non vi è separazione tra legge  di stato e legge religiosa. Per cui, tutto sommato, possiamo dire che questi paesi, oggi potenti grazie al petrolio, sono in realtà potenti – secondo la loro logica – grazie a Dio. In altre parole, i pochi milioni di beduini che abitano le coste del Golfo arabico, e i pochi di più che vivono in Arabia saudita, sono potenti perché Dio l’ha voluto. Mai logica religiosa coincise tanto con la logica del reale; e mai logica reale contraddisse tanto la logica politica, o per meglio dire: storica. Dunque si capisce perfettamente come, essendo diventati ricchi grazie a Dio, che ha dato loro il petrolio, gli arabi siano tanto religiosi. Chiunque di noi lo sarebbe con un benefattore così prodigo, che chiede ben poco in cambio. Tuttavia, poiché anche storia e politica obbediscono alle loro leggi, il dono di Dio, il petrolio, la ricchezza, ha i suoi depositari, diciamo le sue banche private; cioè gli emiri, le immense famiglie degli emiri - i cui primi, e secondi, e terzi, e quarti…e infiniti cugini, per non parlare di cugini di mogli, e zii – non si contano. Cioè i proprietari legali della terra e i loro parenti. Tuttavia, poiché i beduini sono, come si è detto, pochissimi in grandi estensioni di terreno, anch’essi godono di riflesso, per il giro d’affari prodotto sempre dalla ricchezza, di ottime rendite, appunto, riflesse. Ovviamente nessuno è povero qui; perché non è difficile essere parente di re o commerciante; e tutti, in un modo o nell’altro, hanno ragione di ringraziare Iddio del bene ricevuto dalla natura e non dalla storia. Se c’è posto per l’assassinio, il complotto, il regicidio, non c’è alcun posto per la lotta di classe.

[ Dubai. Vedute del deserto. Tra le dune appare la ciminiera fumante di una fabbrica o di una raffineria ]
[ Kuwait. Quartiere residenziale. Villette in stile occidentale, parecchie terminate, altre in costruzione. Interni di una delle villette arredate con gusto europeo. Villetta in costruzione le cui forme architettoniche e i materiali richiamano stili di varie paesi ed epoche estranei alla cultura araba ]

- Casa di una ricca famiglia arredata all’europea con enorme fasto. La padrona  di casa parla della mutata condizione della donna. Ahimè, che direbbe un esteta, o un sociologo, o un futurologo. Lasciamoli al loro gusto e alle loro scienze, un momento, e per quanto preziosi siano, affidiamoci al nostro occhio. Questa è dunque l’edilizia privata. Le villette delle persone perbene della borghesia del Kuwait. Commercianti? burocrati? non lo sappiamo. Una cosa è certa. Le villette che vediamo sfilare davanti a noi, in un quartiere residenziale., qui non sono affatto diverse, anzi sono uguali a quelle che sfilerebbero davanti ai nostri occhi…che sappiamo?… in un paese del norditalia investito dal vento del miracolo economico. In altre parole, in qualunque paese al mondo in cui gli abitanti, da sempre poveri, fossero diventati di colpo ricchissimi. A questo punto, però, dobbiamo spendere una parola in difesa degli arabi che non hanno avuto mai alcuna cultura architettonica, se non quella fantastica dei palazzi delle “mille e una notte”, che non esistevano, e che, proprio per questo, oggi possono esistere per la prima volta, con le loro gemme e la loro bizzarria dettate dal mito della ricchezza. E dobbiamo anche spendere una parola di offesa nei confronti di coloro che, in Italia, hanno avuto al contrario sempre e comunque dei modelli reali a cui riferirsi. Ma tant’è. Il vecchio scompare, e con i sanniti umanistici che lo ispirarono, su di esso si installa il nuovo, con i suoi miti di massa a cui, a guardar bene, nessuno si sottrae.… Allora… Guardiamo questa casa, osserviamola nei particolari come un fenomeno …culturale! Cioè cerchiamo di analizzarla. Qui ci sono due leoni in pietra di Vicenza. Questa casa è sostenuta…Cioè, non è affatto sostenuta: è abbellita da colonne in stucco bianco, che non servono a sorreggere nulla. I muri di questa casa sono , come vedete, sono delle mattonelle che potrebbero essere nell’attuale metrò di Milano…. Poi vediamo degli strani poggioli, anche quelli di stucco bianco, che hanno qualche cosa di vagamente orientale, però sono soprattutto scenografici; potrebbero essere un teatrino. Poi vediamo la cosa più importante di tutte, però; quello, l’elemento che ci dà il segno di una cultura, che ci deve essere. Il proprietario di questa casa, sotto sotto, deve aver fatto parte di una cultura… Di quale cultura? Certamente di una cultura contadina… agricola. Perché vediamo un orto. Fatta questa rapidissima analisi, noi ci chiediamo; il proprietario di questa casa chi potrebbe essere? Potrebbe essere un commerciante egiziano, un beduino no, perché c’è l’orto… Quindi vediamo che ci sono degli elementi in questa casa che ci danno proprio la misura come questa casa possa essere sia qui, sia in un paese del norditalia, sia in altri paesi dove, la fortuna industriale, l’evoluzione industriale del paese ha dato modo a persone che prima facevano un tutt’altro mestiere, avvicina un altro tipo di cultura… Ha dato modo di costruire una casa secondo la loro idea della bellezza, cioè secondo una loro idea estetica… Che cos’è la loro idea estetica? Non c’è. Perché non c’è una cultura che suggerisce questa idea estetica. Insomma, anche questa casa è fatta di elementi talmente stravaganti che non possono stare insieme. Non possono stare insieme le mattonelle della toilette con le colonne che non portano nulla, che non hanno un timpano, con dei leoni di pietra di Vicenza… Tutto è dissociato… Abbiamo detto che le case corrispondono, sia all’interno che all’esterno, al mito della ricchezza;  e per chi non ha avuto casa, il mito della ricchezza di una casa è da ricercarsi in Europa. cco una casa molto ricca del Kuwait. I suoi miti, l’ampiezza, i pavimenti di marmo, i salotti, le sedie, le luci. Ecco, infine, la padrona di casa ….

[
Interprete ] - Le donne in Kuwait non sono oggi come venticinque anni fa. Quasi tutte hanno studiato. Molte si sono laureate a Londra o in America. E così lavorano per lo Stato. Quelle che non hanno raggiunto gli studi superiori lavorano ugualmente nei negozi, o altro. Dunque la differenza tra la donna di oggi e quella di venticinque anni fa è molto grande. E con l’aiuto di Dio speriamo che la donna, in Kuwait  possa presto cominciare a partecipare anche alla vita politica del paese. Comunque, grazie a Dio, la donna in Kuwait ha già guadagnato  una posizione molto avanzata. Anche le donne casalinghe sono molto brave. Penso che non ci sia più differenza tra la donna di qui e quella occidentale. Anche perché la lotta per l’emancipazione è la stessa. E, ripeto, la donna di qui ha molta volontà di studiare. Una volta smettevano quando erano ancora bambine. Oggi per le donne che in passato non hanno studiato ci sono le scuole serali; e molte di queste donne riescono a terminare il Liceo, e a volte anche l’Università. La donna in Kuwait è molto socievole; ama partecipare alla vita sociale, ed è molto ben disposta verso lo straniero. Ama molto viaggiare. Quando è in vacanza si sposta da un posto all’altro…. Questa sono io vestita da spagnola…

[ Kuwait. Spettacolo di danze e canti di guerra sulla riva del mare. Vi partecipano uomini e donne in costumi arabi tradizionali ].

- Abbiamo parlato dei miti umanistici e dei miti di massa che uniformano l’edilizia familiare di qua e di la del mediterraneo e polverizzano le tradizioni. Per noi è stato ricostruito, debbo dire in modo straordinario e munifico, uno spettacolo di canti e danze di guerra beduini sulla riva del mare. Ecco il loro museo, se così possiamo dire; museo  di comportamentismo, di tradizioni ovviamente scomparse, dato che guerre non ce ne sono, e difficilmente ce ne saranno nei termini antichi e solenni di queste danze. E’ un documento costruito per l’occasione, quasi certamente irripetibile. Non resta che guardarlo.

[ Kuwait. Coltivazioni di pomidoro e verdure in serra ]

- In queste serre si coltivano e altra verdura fresca. Perché tutta la verdura fresca viene qui importata e il suo prezzo è altissimo. Ci è stato detto che le serre sono sperimentali. Cosa significa? Significa che si tenta di produrre sperimentalmente  ortaggi freschi per il fabbisogno della popolazione. Sennonché un orto, per produrre, ha bisogno, come tutti sanno, dell’acqua. Ma l’acqua non c’è, e quella che c’è proviene dai grandi impianti di desalinizzazione  dell’acqua del mare. Questi impianti vengono alimentati da energia. Energia prodotta da che cosa? Dal petrolio. E quando il petrolio finirà… - perché ci avete detto che il petrolio finirà tra cinquanta, sessant’anni circa - come disporre, dopo la fine del petrolio, di altra energia? I casi sono due. O predisponendo studi ad altissimo costo per inventare e produrre altre fonti di energia – cosa anche possibile con la ricchezza di qui - , o il deserto tornerà ad essere deserto. I regali di Dio sono ricchissimi ma non possono essere infiniti. Inutile dire che il costo di un pomodoro sperimentale è molto più del doppio di un pomodoro importato. Tuttavia questa visione di serre di pomodori e di orti anche sperimentali, che nessun beduino ha mai visto se non forse nella sua immaginazione, anche questo fa parte della ricchezza oltre che dell’orgoglio nazionale. Per la logica economica lascia il tempo che trova, per gli abitanti del deserto è una lampada di Aladino in più.

[ Kuwait. Casa arredata in stile moderno occidentale. Coniugi in costume arabo all’ora del pranzo. La moglie mangia sul divano guardando la TV. Il marito mangia accovacciato in terra giocando con trenino le cui rotaie attraversano tutta la stanza. Su di un vagoncino del trenino manda alla moglie una fotografia che ha scattato con la Polaroid. La sequenza, riportata in alto nella colonna accanto, ha come sonoro la canzone Is That All There Is? cantata da Peggy Lee ]
[ Kuwait. Deserto. Cammelli su strada asfaltata. Carcasse di auto abbandonate. Gente che si imbarca su un aereo fermo su una pista nel deserto. Pozzi petroliferi marini. Operai al lavoro ]. >

- Alla fine il protagonista è pur sempre il deserto. Non permetterà ai pomodori di crescere irrigati, ma la vera lampada di Aladino, e non soltanto in senso figurato, è qui. Presto, lo sappiamo,  sarà invaso da detriti. Sparuti gruppi di cammelli vaganti nella notte, ormai completamente inutili, attraverseranno le strade d’asfalto che non conoscono provocando, come già avviene, disastri automobilistici. E altri detriti e carcasse d’auto siaccumuleranno su quelli abbandonati ai bordi delle autostrade. E’ il destino del mondo moderno, della ricchezza, del gioco che, a dire degli arabi, Iddio ha concesso anche a loro, finché altro vento porterà altra sabbia sui detriti, e sarà ancora il deserto. Un operaio ha voluto recitarci una poesia d’amore. L’amore, eterno, complicato da ostacoli e intrighi, l’amore impossibile e infelice che finisce però nel più felice e possibile dei modi, è il tema costante di quasi tutta la poesia e le canzoni arabe, tradizionali e non. Il petrolio e la sua tecnologia non l’hanno ancora… come dire?...   “tecnicizzato” … né privato della sua aureola classica... Quella di Giulietta e Romeo, per intenderci.

PARTE SECONDA

[ Ministro arabo spiega come gli stati arabi abbiano deciso di usare il petrolio come arma economica nei confronti dei paesi nemici nella questione israeliana]

[
Interprete ] – Il boicottaggio arabo, nei confronti delle attività di forti industrie straniere, pur  nella fornitura di petrolio, dura da parecchio tempo, precisamente da quando iniziò il conflitto arabo-istraeliano.  E la sua importanza, è forse oggi accresciuta, a causa di una certa politica americana a favore di Israele. Contemporaneamente gli introiti e le spese arabe aumentano. Attualmente gli arabi sono in guerra con Israele, e le nazioni, quando sono in guerra, utilizzano qualsiasi arma a disposizione. L’arma economica è stata più volte utilizzata in passato, dall’Unione Sovietica, per esempio, da certi paesi dell’Europa, dagli Stati Uniti. Dunque, credo che anche per noi sia naturale usarla contro i nostri nemici. Ci siamo spesso chiesti se il boicottaggio arabo avrebbe seriamente ostacolato il nostro sviluppo, soprattutto per quanto riguarda le forniture di certe grosse compagnie americane. Ma abbiamo visto che possiamo rivolgerci ad altri paesi, come il Giappone, per esempio, o l’Europa occidentale, che possono fornirci equipaggiamenti equivalenti. Perciò penso che non ci saranno troppi problemi per noi. Comunque, per porre fine al boicottaggio arabo, è necessario trovare una soluzione alla questione arabo-israeliana, e soprattutto a quella palestinese. Se ciò avvenisse non ci sarebbe più boicottaggio. Ma fin quando la questione non sarà risolta, sfortunatamente il boicottaggio permarrà.

[ Vedute aeree del deserto arabico. Strade asfaltate che lo attraversano. Pozzi petroliferi, oleodotti, cisterne ]

- Per questa seconda parte del nostro viaggio attraverso i minuscoli emirati che si affacciano sul golfo arabico, ci siamo proposti di parlare del deserto. Durante tutto il nostro viaggio, abbiamo visto cantieri edilizi e deserto. Il deserto lo abbiamo visto qui correndo sulle nuove autostrade, lo abbiamo visto arroventato dal sole, ricoperto da un manto di nebbia, lo abbiamo guardato ancora dall’aereo e dall’elicottero; lo abbiamo rivisto nell’immaginazione, ed ora su questo schermo , e altre volte perfino nei sogni. Molto spesso abbiamo tentato di riflettere sul deserto, e di dare a noi stessi una descrizione che non fosse puramente geografica e didattica, come quelle che si leggono nelle enciclopedie e che ti dicono tutto e niente del deserto. Non ci siamo mai riusciti. E ancora oggi non ci è possibile farlo se non con l’aiuto… di che? Della geometria, esattamente le proiezioni. Cerchiamo di ricordare. “Proiezione”: immagine piana di un oggetto ottenuta congiungendo tutti i suoi punti con il centro di proiezione mediante sistemi particolari. Ed ecco l’immagine del ricordo. Il solido configurato da un insieme di linee rette, alcune delle quali – la proiezione appunto – tratteggiate. Ecco: queste linee tratteggiate, e non le rette, solo le linee tratteggiate sono il deserto, o meglio l’essenza del deserto. Ben diverso è il deserto quando vi compaiono le prime tracce del petrolio. Cisterne, oleodotti, raffinerie, e soprattutto le vampe di fuoco che salgono alla notte dagli sfiati naturali disseminati a largo raggio intorno ai pozzi. Qui dobbiamo pensare alla fisica, alla chimica, alla geologia; e perché no? anche alla storia. Infatti in nessun altro luogo al mondo l’uomo ha ottenuto maggiore ricchezza con minore fatica. Di questo gli intelligentissimi beduini se ne rendono perfettamente conto, e non fanno che ringraziare Iddio.

[ Kuwait. Vedute panoramiche della città. Vedute notturne.
[ Kuwait. Ricca famiglia, genitori e sei figli, ripresa nella propria casa arredata con stile occidentale ]

- Molta gente nel mondo si chiede cosa ne fanno gli arabi di tanta ricchezza. E’ proprio il caso di dire: se la godono; anzi: giocano.   Giocano a tradurre in realtà tutto ciò che per secoli ha sognato la fantasia. Abbiamo già visto ville e palazzi che fanno costruire; gli oggetti che comprano, le automobili.che guidano, e ora vediamo i monumenti che erigono. Qui siamo nel Kuwait. Ma potremmo essere tranquillamente in un pianeta di altra galassia come nel paese di Alì Babà. Diciamo che  entrambe, i luoghi dove antichità, attualità e mito si fondono grazie ai film di James Bond – che certamente gli arabi hanno visto e subito realizzato, possedendo mezzi e fantasia per farlo. In una di queste palle del cielo c’è un ristorante civico, girevole. Ho parlato del gioco; di come gli arabi giocano alla ricchezza. In quale altra parte del mondo, diciamo storica, nel senso attivo e dinamico che si da a questa parola, si gioca con la ricchezza? Noi non sappiamo, in ogni caso non l’abbiamo mai visto. Abbiamo visto la ricchezza più o meno oculatamente usata al fine di produrre altra ricchezza. Ma la ricchezza così come è intesa in tutto il mondo occidentale, che ha il suo faro negli Stati Uniti, mai è stata intesa come gioco, in sostanza come qualche cosa di così disprezzabile e privo di valore da tradursi in gioco. E tuttavia dobbiamo dire che molto di questo mondo occidentale, quello strettamente economico e logico, ha molto da imparare dai beduini di quaggiù. Nessuno si comporta con tanta disinvoltura e regalità nei confronti della ricchezza. Oppure così si comporta soltanto colui che essendo stato povero per secoli considera la ricchezza un sogno e nulla più. La ricchezza delle famiglie aristocratiche, reali, dei principi, degli emiri, non ha intaccato né il senso delle famiglie, né lo stile delle persone. La regalità non ha alcun bisogno dello snobismo - prerogativa della nostra borghesia – e si contenta, come i contadini si contentano di essere tali, della regalità. Questa è una famiglia reale, per esempio. Ricca, ma timida, e timida perché ricca.

[ Kuwait. Famiglia beduina sotto la tenda nel deserto. Membri della famiglia conversano tra loro. Una donna fila la lana. Un’altra fuma. Bambini nelle culle. Nella tenda è acceso un televisore. Vedute aeree del deserto. Due beduini parlano della bellezza della vita nel deserto ]

- Questa immagine di una famiglia di beduini con televisione basterebbe da sola a dare il senso più profondo di tutto il nostro viaggio. Da questa immagine si può supporre, costruire, sviluppare il futuro di queste famiglie e, di contro, ricostruirne il passato. Il padrone di casa ci enumera quello che ha, tutto sommato quello che aveva da sempre: latte, pane… quelli che lui chiama i beni di Dio, Poi passa a parlarci del sole in modo molto bello e anche abbastanza strano. Dice che fa caldo, troppo caldo, che il sole scotta troppo e che li massacra. Poi, come preso da un estro familiare, si rivolge al bambino e dolcemente gli dice: Sta zitto, o signore.

[ Abu Dhabi. Vedute del deserto ]

- Piccole case in muratura fatte costruire dall’emiro per i nomadi che però preferiscono vivere sotto la tenda. Donne in costume e velate che accudiscono capre. L’elicottero rasenta le sabbie e ci porta alla ricerca di altri beduini che vivono nel deserto, Vivono la vita di sempre, ma senza carovane, senza un luogo da cui partire, o un luogo da cui arrivare. Qui non c’è nemmeno la televisione, e c’è l’impressione che ciò che resta sono i colloqui con Dio nell’ora della preghiera. Abbiamo registrato e tradotto esattamente le nostre domande e le risposte.
- Parise - Perché abitate qui?
- Per noi è comodo qui. Ci stiamo bene.
- Parise - Non vi attira la città?
- No. Qui ci godiamo il posto.
- Parise - Cosa fate durante il giorno?
- Niente. Non facciamo niente.
- Parise - E tuo figlio, cosa fa?
- Lui va a lavorare in città. Io sto qua.
- Parise - Perché non permettete di fotografare le vostre donne?
- Perché non vogliamo. Niente. Niente.
- Parise - E’ vostro costume non farle fotografare?
- Niente. Niente.
In queste immagini e in queste poche parole c’è tutta la loro vita di oggi. Per il giovane beduino c’è e sempre più cu sarà la città; per il padre solo il deserto. L’emiro di Abu Dhabi, monarca conservatore, non ha voluto che i beduini, nomadi per tradizione, si inurbassero. Anch’egli è beduino, e i suoi vari palazzi si ergono qua e la nel deserto, simili a miraggi cintati da bassi eucalipti. Per questa ragione ha fatto costruire qui, sempre nel deserto, una piccola città per i nomadi. Ma i nomadi, come è noto, vivono in tenda, e tutto ciò che è fisso è lontano non solo dalle loro tradizioni, ma dalla loro visione della vita. Così facendo l’Emiro intendeva che i suoi sudditi godessero al tempo stesso dei grandi spazi del deserto e dei confort della città moderna. Abbiamo visitato le loro case, a mezza strada da Abubai e Dei Alaim, e ci siamo detti: per questi donne, uomini e bambini comincia una vita tormentata dalla più diffusa malattia del secolo: la dissociazione; essi non si sentiranno né in città né fra i grandi spazi del deserto, e a poco a poco perderanno quella vitalità  che l’uno e l’altro luogo - il primo per trauma, il secondo per riflesso condizionato - scatenano sempre nell’uomo.

[ Kuwait. Hall del modernissimo Hotel Hilton. Negozi. Via vai della gente ]

- Inutile dire che i luoghi del petrolio sono un enorme mercato. Ma in realtà sono molto di più di un mercato, sono il senso più profondo del mercato. Sono – come dire – quello che fu chiamato, allora, in America, “la febbre dell’oro”. Per reprimere una tale febbre sono stati costruiti degli immensi Sheraton che si innalzano dalle sabbie del deserto con la stessa convenzionale indifferenza, con lo stesso lusso, la stessa aria condizionata, gli stessi colori con i quali sono disseminati nel mondo. La convenzione, appunto, del profitto. Anche gli uomini d’affari che vi abitano, siano essi americani, inglesi o tedeschi, o giapponesi, rispondono alla stessa convenzione, Cioè a una convenzione meccanica in cui il profitto rende l’uomo, per così dire, altrettanto meccanico.

[ Kuwait. Giovane uomo d’affari intervistato sugli enormi affari che si fanno nel paese con operatori economici di varie parti del mondo ]

[ Interprete ] - Sono un uomo d’affari, vengo spesso qui in Kuwait, e mi fermo qui all’Hilton. Molti uomini d’affari vengono in Kuwait perché il paese sta vivendo un vero e proprio boom economico e si sta sviluppando immensamente. Moltissime attività sono nate nel 1973, l’anno dell’aumento del prezzo del petrolio. Una quantità di affari, soprattutto costruzioni: ospedali, scuole… e altro. Poi ci sono gli enormi investimenti che il Kuwait fa all’estero: in Africa, in Medio Oriente, in Europa. Molti progetti per l’industria leggera e pesante stanno avanzando. I soldi sono qua, gli affari sono qua. Ora il Kuwait è preso in grande considerazione dall’Europa e dal Medio Oriente. Io trovo che questo sia un grande paese.

[ Kuwait. Vedute del deserto. Pozzi petroliferi ]

- La diaspora dei palestinesi ha trovato anche negli Emirati, soprattutto nel Kuwait, una nuova terra; un po’ come è avvenuto per le emigrazioni ebraiche dalla Russia e dall’Europa orientale in America. Strana sorte parallela ha fanno nascere negli Stati Uniti una società e una classe dirigente ebraiche, e qui una società e una classe dirigente palestinese. In pochi anni il loro numero rischia di diventare superiore a quello dei residenti, e il loro potere aumenta ogni giorno di più.

[ Kuwait. Scolaresca femminile di una scuola per ragazzi palestinesi. La maestra parla dell’insegnamento a carattere patriottico che viene loro impartito ]
- Qui siamo in una scuola di bambine palestinesi nel Kuwait
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Interprete ] - Noi stiamo coi nostri bambini. La gioia di vivere, la speranza del futuro. A noi sta a cuore allevare i nostri figli nel modo migliore, e soprattutto ci preme farne dei patrioti,. È importante dar loro una buona educazione, politica e militare. Devono sapere cosa significa avere una patria e cosa significa non averla. E devono sapere distinguere un ebreo da un israelita. Molti bambini non fanno distinzione tra e breo e israelita; e noi dobbiamo fargli capire che abbiamo molti amici fra gli ebrei, ma che dobbiamo combattere con tutte le nostre forze il movimento israelita. Questi bambini non sono tutti palestinesi, provengono anche da altri paesi arabi. Siamo in Kuwait dal 1958, dopo il problema di Gaza e l’aggressione di Israele. Allora mio marito e io decidemmo di trasferirci qua, per trovare lavoro e contribuire allo sviluppo dei paesi arabi del Golfo. Già molti palestinesi si erano rifugiati in Kuwait, fin dal 1948. Infatti dopo il 1948 moltissimi palestinesi dovettero cercare un posto dove lavorare. Quando arrivai qui con mio marito avevamo un figlio piccolo  e naturalmente fummo molto contenti di trovare un po’ di pace dopo tutto quello che avevamo passato. Allora mi dissi che dovevo fare qualcosa. Cosa potevo fare per la mia patria? Trovai la mia strada attraverso l’insegnamento. Mi resi conto che molte donne qui erano occupate dalle loro professioni, e non sapevano come accudire i loro bambini; così comincia col mettere in piedi una nurcery, che poi diventò un asilo, e poi  una scuola. Ora abbiamo una scuola molto grande con 2400 bambini. La donna palestinese è particolarmente cara. Tiene molto alla sua casa, alla sua famiglia, ma soprattutto ai suoi diritti nazionali. Forse la donna palestinese è la sola al mondo a non dare mariti e figli sui campi di battaglia e a essere felice di farlo.

[Kuwait. Esponente palestinese parla del sostegno politico, economico e morale che il movimento palestinese riceve dal governo e dal popolo del Kuwait]

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Interprete ] – I palestinesi in Kuwait nonostante lavorino e aiutino questo paese, allo stesso tempo, però, non dimenticano la loro causa e i loro problemi. Tanto che Al Fhatah cominciò a organizzarsi proprio qui. Così avvenne che una vera e propria collaborazione crebbe segretamente fra noi, il governo e la popolazione del Kuwait. E posso dire che il governo del Kuwait è stato il primo a riconoscere ufficialmente la propria collaborazione con la gente di Al-Fhatha. Politicamente la relazione fra Kuwait e palestinesi è perfetta. Il Kuwait ci offre tutto quello che gli si chiede; soprattutto finanziamenti e sostegno politico. Qui l’attività palestinese è libera; possiamo scrivere sui giornali quello che ci pare, possiamo tenere le nostre assemblee, possiamo discutere di tutto, siamo liberi nelle nostre azioni politiche, e siamo sostenuti dalla popolazione, dagli studenti e dal governo.

[ Fujarah. Rovine di un castello del piccolo emirato del Golfo dell’Oman, considerato il più povero degli emirati arabi. Emiro intervistato sull’economia del suo paese ]

- Fujarah. Il minuscolo emirato che si affaccia sul golfo dell’Oman si dice sia il più povero fra tutti gli Emirati. Tuttavia è il solo che conservi i resti del passato. Se mi è permessa una punta di estetismo, non di più, il grosso emiro di Fujairah è, secondo il mio parere, l’uomo più degno del mondo, tanto vale essere poveri. Ma lo è veramente?
- Emiro -  Fujarah si trova ad est degli emirati arabi uniti, ed è l’unico degli emirati che si affacci sull’oceano Indiano. Per quanto riguarda lo sviluppo e le attività di Fujarah, posso dire che la gente qui si occupa soprattutto di agricoltura e di pesca. E questi due settori appunto si stanno rapidamente ammodernando. Ci stiamo concentrando anche sull’industria leggera, quell’industria che produce piccole apparecchiature, e naturalmente stiamo facendo di tutto per assistere in maniera adeguata la nostra gente.
- Parise – Ho sentito dire che c’è uranio sulle sue montagne.
- Emiro – Voi ne avete sentito parlare , e anche io ne ho sentito parlare, ma si tratta soltanto di voci.
- Parise – Fate delle ricerche?
- Emiro – Si. Abbiamo fatto delle ricerche. Ma senza risultati fino adesso.
- Parise – Per ora non avete trovato nulla. Altezza, mi scusi, lei è molto giovane, forse il più giovane dei sceicchi, e vero?
- Emiro – Sì, lo sono.

[Golfo Persico. Navi mercantili e petroliere incrociano al largo ]

- Il mare. Il golfo Arabico non ha orizzonti. L’orizzonte, quella linea così ineffabile che congiunge il mare al cielo e che vediamo in qualunque spiaggia, è chiuso da uno sbarramento di navi mercantili e da petroliere che attendono anche sei mesi prima di sbarcare la merce. La merce. Ecco il vero pericolo degli arabi.
Un assedio di merci…. 

...merci...! La nostra copia del filmato si interrompe improvvisamente proprio su questa parolina, esattamente dopo 28 primi e 32 secondi del secondo RVM.

Sequenze mancanti: - Kuwait. Peschereccio ritira reti. Scarico del pesce nella nave. Pescatore intervistato su come la tecnica ha cambiato la vita dei pescatori. - Vedute del porto. Costruzioni moderne dell’interno. Edilizia moderna e soffocante. Edifici ultimati e in costruzione. Moschea di stile modernista costruita in materiali plastici. Interni della moschea. Fedeli in preghiera. - Scuola femminile. Allieve durante la ricreazione. Lezioni di lingua francese e ginnastica. Allieve intervistate sui loro progetti per il futuro. Lezione di danza in costume. - Uomini e donne in costume eseguono una danza tradizionale. - Riprese di un film documentario di ambiente beduino. - Primo piano di una mano che sgrana un rosario mussulmano

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PRIMA DELLA FINE DELL’ANNO DALLA TUNISIA ARRIVANO DELLE IMMAGINI CHE NON POSSIAMO EVITARE DI REGISTRARE ALL’ULTIMO MOMENTO, AFFIDANDO OGNI COMMENTO AD UNA MANO CHE NON SGRANA UN ROSARIO MA IMPUGNA UN PEZZO DI PANE